di Giuseppe Scarlata, Domenico Gangemi, Maria Chiara Rosace, Antonino Napoleone | 07 Novembre 2020
La rivista scientifica IDCases è rinomata per la pubblicazione di case reports dedicati alla malattie infettive, e lo scorso giugno, uno in particolare dal titolo “COVID-19 and Plasmodium Vivax malaria co-infection” ha suscitato notevole interesse clinico. Gli autori, afferenti al Dipartimento di Medicina Interna dell’Hamad Medical Corporation (Doha, Qatar) riportano un caso particolare di un paziente affetto in concomitanza da malaria e COVID-19, al quale sono stati somministrati farmaci antimalarici. Questo di fatti è il primo caso riportato in letteratura. L’infezione causata da SARS-CoV-2 non ha bisogno di ulteriori presentazioni poichè è stata largamente approfondita in precedenti articoli (vedi Covid-19 – Casi asintomatici e periodo d’incubazione, Covid-19 – Il virus è stato davvero creato in laboratorio?), al contrario per la malaria è necessario fare qualche cenno al patogeno e al suo ciclo biologico.
Cos’è la malaria?
La malaria è un’infezione sistemica provocata da parassiti appartenenti al genere Plasmodium, che hanno come ospite definitivo la zanzara femmina ematofaga appartenente al genere Anopheles, capace di infettare l’essere umano, il suo ospite intermedio. È proprio tra la zanzara e l’essere umano che si compie il ciclo biologico del parassita che è ben distinto in tre fasi, di cui le prime due si compiono nell’essere umano (ciclo schizogonico eso-eritrocitario ed eritrocitario) e l’ultima nella zanzara (ciclo sporogonio) che inoculando gli sporozoiti del plasmodio nell’ospite favorirà il perpetuarsi del suo ciclo biologico (Figura 1).

Figura 1. Durante il pasto ematico (1) una femmina infetta di zanzara inocula gli sporozoiti nell’ospite umano.
Ciclo schizogonico eso-eritrocitario (nell’essere umano) [A]: gli sporozoiti raggiungono rapidamente il fegato e infettano gli epatociti (2) ove nel giro di 7-21 giorni (periodo di incubazione) si moltiplicano e maturano formando gli schizonti epatici (3) che si rompono (4) rilasciando migliaia di merozoiti che invadono il circolo ematico. In P. vivax e P. ovale alcuni sporozoiti non si trasformano immediatamente in schizonti, ma rimangono in uno stato “dormiente” (ipnozoiti) prima di riprendere il ciclo formando schizonti. Sono la causa delle recidive a distanza di settimane o mesi dall’infezione.
Ciclo schizogonico eritrocitario (nell’essere umano) [B]: nel circolo ematico i merozoiti infettano le emazie (5). I trofozoiti a forma di anello maturano e si moltiplicano formando gli schizonti, che si rompono con la liberazione dei merozoiti (6) che invadono nuove emazie. Il ciclo eritrocitario dura 24 ore per P. knowlesi, 48 ore per P. falciparum, P. vivax e P. ovale e 72 ore per P. malariae. Dopo diversi cicli alcuni parassiti si differenziano nelle forme sessuali, i gametociti (7). Il ciclo eritrocitario è il responsabile delle manifestazioni cliniche. I gametociti maschili (microgametociti) e femminili (macrogametociti) sono ingeriti dalla zanzara durante il pasto ematico (8).
Ciclo sporogonio (nella zanzara) [C]: nello stomaco della zanzara i gametociti maturano a gameti. I microgameti exflagellano e fecondano i macrogameti formando lo zigote (9). Gli zigoti a loro volta diventano mobili e allungati (oocineti) (10). Penetrano nella parete dello stomaco sviluppandosi in oocisti (11). L’oocisti cresce, si rompe e libera gli sporozoiti di forma allungata che raggiungono le ghiandole salivari della zanzara (12). L’inoculazione degli sporozoiti in un nuovo essere umano (1) perpetua il ciclo vitale della malaria. La durata del ciclo sporogonio varia in funzione della specie di Anopheles, della temperatura e dell’umidità ambientale, ma in generale è di 8-16 giorni.
Le specie capaci di infettare l’uomo sono Plasmodium malariae, P. falciparum, P. knowlesi, P. ovale e P. vivax. Ciascuna di esse, in base alla durata del ciclo eritrocitario (24-72h) dà episodi febbrili benigni o maligni a giorni alterni (eccezion fatta per P. knowlesi che dà febbre quotidiana). Attualmente la malaria è presente in 87 paesi che presentano vari livelli di endemia e tra questi il continente africano è certamente quello maggiormente flagellato, in particolar modo i paesi nella zona dell’Africa centrale e subsahariana in cui P. falciparum è predominante. Il piano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è quello di eradicare la malattia in altri 35 paesi entro il 2030 investendo dei fondi già da quest’anno per implementare la ricerca e sviluppo di strategie terapeutiche, di prevezione e programmi di vaccinazione e sorveglianza, ma è inutile dire che la situazione storica attuale non lascia spazio ai buoni propositi.
Il caso clinico riportato in letteratura
Viene riportato il caso di un uomo di 34 anni senza nessuna patologia pregressa degna di nota, giunto all’osservazione dei medici in stato febbrile (39,6°C) con mialgia e vomito. La febbre, presente anche nei tre giorni precedenti, non era accompagnata però da sintomi respiratori. Il paziente, inoltre, presentava una storia in cui tre mesi prima dello sviluppo della suddetta sintomatologia, era stato in viaggio in Pakistan. Il quadro clinico al ricovero si configura, dunque, come segue:
- Stato febbrile (39,6°C) con vomito, e dolori addominali
- Pressione arteriosa 109/72 mmHg
- Tachicardia (148 battiti al minuto)
- Tachipnea (frequenza respiratoria di 24 atti respiratori al minuto)
- Saturazione dell’ossigeno (SpO2) 97%
All’esame obiettivo il paziente risultava essere itterico (colorazione giallastra della pelle causata dall’aumento della bilirubina nel sangue ndr.), seppure all’esame ecografico questo riportasse un fegato ipoecogeno con tratto periportale prominente e assenza di colelitiasi , dunque di calcoli nel lume della colecisti. Un’ulteriore indagine radiologica condotta tramite RX al torace ha dato esito negativo, mentre l’ECG ha riportato una tachicardia sinusale. Successivamente sono stati condotti esami ematochimici come riportati in elenco:
- Leucopenia: conteggio dei globuli bianchi 3.6 × 103/μL (r.d.r. 4.0-10.0 × 103/μL)
- Linfopenia: 0.2 × 103/μL (r.d.r. 1.0-3,0 × 103/μL)
- Emoglobina 14.5 g/dL (r.d.r. 13.0-17.0 g/dL)
- Trombocitopenia con conta piastrinica 30 × 103/mL (r.d.r. 150-400/mL)
- Iperbilirubinemia diretta
- Proteina C reattiva 238 mg/l (r.d.r 0-5 mg/l)
- Procalcitonina 61.30 ng/L (r.d.r. 0,5-2,0 ng/L)
- Acido lattico 2,4 mmol/L (r.d.r. 0,5-2,2 mmol/L)
- Ferritina 1.831,0 μg/L (r.d.r. 48-420 μg/L)
- D-dimero 5,40 mg/L (r.d.r. 0,00-0,44 mg/L)
Alla luce delle seguenti indagini il sospetto eziologico era mirato da un lato ad un’infezione da SARS-CoV-2 (avvalorata da stato febbrile, esami ematochimici riportanti leucopenia, linfopenia, e aumentati valori di PCR, PCT e D-dimero) e dell’altro un’infezione parassitaria, malaria nella fattispecie (avvalorata da trombocitopenia, iperbilirubinemia diretta, ittero, stato febbrile da tre giorni, viaggio in Pakistan). I successivi esami svolti in laboratorio sono stati lo striscio sottile su campione ematico e la Real-Time PCR (Polymerase Chain Reaction) su tampone rino-faringeo. Il primo è un test altamente specifico per la diagnosi di specie riguardanti il genere Plasmodium (Figura 2) e che consente il calcolo della parassitemia (% di globuli rossi infetti dal parassita). In questo caso il paziente è risultato positivo al Plasmodium vivax con una parassitemia significativa dell’1,2%.




La RT-PCR su tampone rino-faringeo ha invece rivelato la positività al SARS-CoV-2. La terapia iniziale prevedeva Arthemeter/lumefantrina (Coartem ®) per via orale, ma non essendo tollerato dal paziente in quanto scatenava vomito è stato immediatamente sostituito con Artesunato per via endovenosa a una dose di 2,4mg/kg a 0, 12, 24, 48 ore. Una volta tollerata la terapia si è proseguito con la ri-somministrazione di Arthemeter/lumefantrina. Il meccanismo d’azione di questi farmaci prevede un processo biochimico che porta alla produzione di radicali liberi dell’ossigeno che danneggiano il parassita e ne causano la morte. Da segnalare come per tutta la durata della degenza in ospedale il paziente non abbia avuto particolari sintomi respiratori dovuti al SARS-Cov-2, tali da richiedere la ventilazione assistita. Nuovi esami condotti dopo il trattamento hanno riportato una normalizzazione degli indici di funzione epatica, un normale conteggio dei globuli bianchi (6,8 × 103/μL), un migliorato conteggio piastrinico (144 × 103/μL) e bilirubina totale 1,35 mg/dL.
Lo striscio sottile su campione ematico ripetuto cinque giorni dopo ha riportato l’eliminazione della parassitemia, mentre la RT-PCR su tampone rino-faringeo ripetuta sette giorni dopo ha dato esito negativo al SARS-CoV-2. Alle dimissioni, il paziente è stato collocato in una struttura per completare un isolamento di 14 giorni e, come da protocollo, è stata prescritta la Primachina per via orale per tutta la durata dell’isolamento modo da trattare eventuali ricadute.
In conclusione
Gli autori, i quali nutrono più dubbi che certezze, hanno prontamente formulato varie ipotesi:
- La fonte di infezione è sospetta: si tratta di una trasmissione locale, oppure di una riattivazione dei parassiti allo stadio di ipnozoiti (vedi Figura 1) localizzati a livello epatico, in seguito ad un’infezione contratta nei mesi precedenti? Quest’ultima ipotesi sembra essere la più probabile, alla luce del fatto che il Qatar non è una zona endemica per la malaria, al contrario del Pakistan (Figura 3), dove il paziente si era recato tre mesi prima.
- È fondamentale che la comunità scientifica adotti un programma terapeutico validato e accettato per trattare COVID-19, dato che attualmente numerosi farmaci sono ancora in fase di sperimentazione clinica più o meno promettente (per approfondire: “Quali farmaci abbiamo a disposizione oggi contro SARS-CoV-2?“).
- La terapia anti-malarica ha effettivamente debellato anche l’infezione da SARS-CoV-2? Attualmente l’ipotesi sembra probabile, in virtù del fatto che l’anti-malarico Clorochina/Idrossiclorochina è già stato utilizzato come approccio terapeutico su pazienti affetti da COVID-19, allo scopo di inibire la fusione virus-cellula bersaglio.




L’approccio terapeutico a base di Clorochina/Idrossiclorochina per il trattamento di COVID-19 è attualmente in fase di studio in più di 80 studi clinici registrati. Diversi studi effettuati in vitro hanno dimostrato che questi farmaci hanno un effetto anti-virale consistente contro il Coronavirus. Tuttavia, ad oggi, non sono stati ancora pubblicati studi in cui l’utilizzo di Clorochina/Idrossiclorochina apportasse benefici per la profilassi e/o il trattamento di pazienti COVID-19. Oltretutto, la somministrazione di questi farmaci è associata a cardiotossicità, miopatie e retinopatie. Uno studio pubblicato di recente su Nature, ha addirittura smentito la validità di questo approccio, in quanto l’utilizzo di Clorochina/Idrossiclorochina non è risultato in grado di bloccare l’infezione da SARS-CoV-2 in cellule umane polmonari, escludendo ogni effetto protettivo e preventivo contro il COVID-19. Risultano però necessari più che mai nuovi trials clinici che coinvolgano nuovi farmaci e approcci terapeutici. Magari queste ipotesi potranno eventualmente essere confermate, ma nel frattempo è bene non sponsorizzare terapie non ancora validate, nè creare false illusioni fra la popolazione. Condividiamo la fiducia nelle scienze mediche e non mediatiche!
Bibliografia:
- Sardar S, Sharma R, Alyamani TYM, Aboukamar M. COVID-19 and Plasmodium vivax malaria co-infection. IDCases. 2020, 21, e00879. doi: 10.1016/j.idcr.2020.e00879
- CDC (Centre for Diseases Control and Prevention). Malaria. CDC. https://www.cdc.gov/parasites/malaria/index.html Updated August 20, 2020. Accessed November 4, 2020.
- World Malaria Report, 2019 [WHO].
- Khattak AA, Venkatesan M, Nadeem MF et al. Prevalence and distribution of human Plasmodium infection in Pakistan. Malar J. 2013, 12,297. doi: 10.1186/1475-2875-12-297.
- Hoffmann, M., Mösbauer, K., Hofmann-Winkler, H. et al. Chloroquine does not inhibit infection of human lung cells with SARS-CoV-2. Nature 585, 588–590 (2020). https://doi.org/10.1038/s41586-020-2575-3.
- Khuroo MS. Chloroquine and hydroxychloroquine in coronavirus disease 2019 (COVID-19). Facts, fiction and the hype: a critical appraisal. Int J Antimicrob Agents. 2020;56(3):106101. doi:10.1016/j.ijantimicag.2020.106101.