Di Maurizio Bazzucchi1 | 24 Maggio 2020
- Medico Internista presso Ospedale Civile di Pescara.
Introduzione
A causa di possibili e frequenti mutazioni genetiche dei vari Coronavirus, le stesse che hanno reso non economica l’individuazione di un vaccino efficace per SARS e MERS, sarà molto difficile la sintesi dello stesso per SARS-CoV 2. Ogni modificazione del sito antigenico delle proteine di superfice, specialmente degli Spikes (le cosiddette “spine” tramite cui il virus si ancora alla cellula bersaglio), equivale ad un nuovo ceppo virale1,2, rendendo vana la produzione di anticorpi contro la variante mutata e creando così un serio problema immunitario3.
Un ampio spettro di strategie antivirali sono state proposte, inclusa l’inibizione dell’ingresso e della replicazione virale4.
Come riesce il virus a penetrare nell’organismo?
SARS-CoV2 utilizza il recettore ACE2 per infettare le cellule umane. La proteina Spike del virus è composta da 2 subunità, S1 ed S2. Una volta che la S1 lega il dominio legante il recettore (RBD) del recettore ACE2 sulla cellula bersaglio, i domini HR1 e HR2 della subunità S2 del recettore avvicinano le membrane di cellula e virus in modo da facilitarne la fusione e portando, di conseguenza, all’infezione. Si è visto che due Spikes legano simultaneamente due recettori ACE2. Contemporaneamente al legame degli Spikes al recettore ACE2, alcuni enzimi, le serina proteasi TMPRSS e Furina, operano una modificazione conformazionale della subunità S2. Tale modificazione permette un’agevole penetrazione del virus all’interno della cellula ospite.
Sia le cellule endoteliali, costituenti dei vasi sanguigni, che un particolare sottotipo di cellule polmonari, gli pneumociti di tipo II, esprimono elevate concentrazioni di ACE2 e TMPRSS.
Il “clivaggio” operato dalla Furina non si verifica per tutti gli altri Coronavirus e permette una trasmissibilità ed una penetrazione del SARS-CoV-2 1000 volte maggiori rispetto a quanto avveniva per il Coronavirus responsabile della SARS. Inoltre, essendo la Furina una serina proteasi sistemica coinvolta in una moltitudine di funzioni fisiologiche, tale proteina permette una diffusione virale altrettanto sistemica.
Per questo tutti gli inibitori specifici della Furina in studio hanno molteplici e gravi effetti avversi.

Le armi potenziali da mettere a disposizione contro il virus si possono dividere in: 1) molecole che inibiscono il legame Spike-ACE2 recettori; 2) molecole anti-serina proteasi; 3) molecole inibenti il dominio HR1 della subunità S2; 4) inibitori di enzimi virali indispensabili per la replicazione, i cosiddetti antivirali.
Inibitori del legame Spikes-ACE2 recettori
Quali molecole potrebbero inibire il legame dello Spike virale al recettore ACE2? (Figura 2)
- Frammento solubile di RBD (Receptor Binding Domain): legandosi al recettore ACE2, impedisce il legame Spike-ACE2 receptor;
- Frammento solubile della proteina Spike: anch’esso, legando il recettore ACE2, “sequestra” tale recettore al legame con la proteina Spike del virus;
- Frammenti solubili di recettore ACE2: legandosi direttamente agli Spikes virali, non gli permettono di legare il recettore ACE2.




A queste tre opzioni si sta lavorando attraverso la ricerca di anticorpi monoclonali specifici che vadano a bersagliare le proteine sopracitate.
Molecole anti-serina proteasi
Alcune molecole, le cosiddette molecole anti-serina proteasi, potrebbero inibire gli enzimi preposti a facilitare l’ingresso nella cellula da parte del virus. Tra questi:
- Camostat e Nafamostat: entrambi derivati da un vecchio farmaco, Aprotinina, impiegato nella pancreatite acuta e ritirato per gravi effetti collaterali che Camostat e Nafamostat non sembrano avere almeno per trattamenti brevi;
- Gabesato: ha un blando effetto sulla sintesi di alcune molecole infiammatorie, il TNF-α e l’interleuchina-6, oltre ad avere aspecifica attività anticoagulante. Affinché funzioni, necessita di somministrazione precoce (entro 48 ore dall’inizio dei sintomi più rilevanti). E’ un farmaco in corso di studio in Germania ma ancora mancano dati preliminari.
Inibitori del dominio HR1 della subunità S2 dell’ACE2 recettore
Consiste essenzialmente in una molecola che potrebbe inibire il dominio HR1 della subunità S2 del recettore ACE2. Si tratta di EK1C4, un lipopeptide (frammento proteico coniugato con molecola di colesterolo) che presenta diversi vantaggi nella prevenzione e nel trattamento della SARS-CoV-25:
- La via di somministrazione intranasale (inalatoria) fa di EK1C4 un farmaco molto maneggevole ed utile nella prevenzione del contagio nel caso in cui ci si trovi in ambienti affollati e, pertanto, ad alto rischio, anche perché il farmaco potrebbe essere facilmente trasportabile in un piccolo contenitore;
- Tale farmaco potrebbe essere impiegato nel trattamento di pazienti affetti da COVID-19 in cui il virus è in attiva replicazione, riducendo sia l’entità della carica virale a livello polmonare sia la possibilità per il paziente di essere fonte di contagio;
- Agendo solo localmente e non sistemicamente, si riducono i possibili effetti collaterali su altri organi od apparati. Ciò garantisce la sicurezza del farmaco anche nel caso in cui siano necessari lunghi periodi di somministrazione;
- È un farmaco di sintesi riproducibile su larga scala ed in tempi brevissimi;
- Ultimo vantaggio ma non meno rilevante è il fatto che può essere usato per tutti i genotipi di coronavirus. Il bersaglio di EK1C4, cioè il dominio HR1 di S2, è altamente conservato (il gene da cui trae origine, pertanto, non è frequentemente soggetto a mutazioni che ne modificano la struttura). In tal modo il dominio HR1 costituirebbe uno stabile punto d’attacco per la terapia farmacologica. Dei 103 differenti genomi della SARS-CoV-2 recentemente individuati nessuno aveva mutazioni dei dominii HR1 o HR2.
Antivirali: impiego nel COVID-19
Gli antivirali, già in uso per patologie come AIDS ed epatite C, sono farmaci che generalmente inibiscono enzimi o molecole del virus indispensabili per l’ingresso e/o la replicazione nella cellula ospite. Tra questi, Remdesevir e Ledipasvir sono particolarmente promettenti nella terapia contro il SARS-CoV-2 e sembrano avere minimi effetti collaterali mentre gli antivirali Velpatasvir/Sofosbuvir (Epclusa®) e Ledipasvir/Sofosbuvir (Harvoni®) potrebbero esserlo sulla base di un razionale di inibizione su due enzimi virali.
Nonostante queste potenziali armi contro il virus siano molto promettenti, sono necessari ulteriori studi per confermare l’efficacia e la sicurezza di queste molecole.
Bibliografia
- Du L. et al. Expert Opinion on Therapeutic Targets, 2017 Feb. 10.1080/14728222.2017.1271415
- Kleine-Weber H. et al., Sci Rep. 2018 Nov. 10.1038/s41598-018-34859-w
- Stebbing J. et al. The Lancet Infectious Diseases, 2020. 10.1016/S1473-3099(20)30132-8
- Peeri N. C. et al., International Journal of Epidemiology, 2020. 10.1093/ije/dyaa033
- Shuai X. et al., Cell Research, 2020 Mar. 10.1038/s41422-020-0305-x