di Domenico Gangemi, Giuseppe Scarlata, Maria Chiara Rosace, Antonino Napoleone | 12 Novembre 2020
L’Europa si trova in piena seconda ondata COVID-19, pandemia che ormai ha segnato quasi per intero questo 2020, eppure gli interrogativi degli uomini di scienza e della popolazione generale sono ancora molti. La situazione negli ospedali italiani è al limite della criticità in quanto i posti letto di Terapia Intensiva sono sempre più vicini alla saturazione. Alla luce di questo, per ritardare il collasso del Sistema Sanitario Nazionale, è necessario tracciare adeguatamente il contagio. Sebbene il decorso dell’infezione sia in molti casi imprevedibile, la diagnosi in una fase in cui il quadro clinico non è ancora conclamato (lieve tosse stizzosa, assenza o decimi di febbre, banale raffreddore senza necessità di ossigenoterapia) potrebbe portare ad un minor ricorso all’ospedalizzazione dei pazienti. Rispetto alla prima ondata pandemica disponiamo di più strumenti per tracciare il contagio, diversi tra loro per caratteristiche e senso del loro impiego.
Nell’ottica di un utilizzo razionale e sostenibile delle risorse sanitarie, non tutti i test possono essere utilizzati in modo indiscriminato (Figura 1).

Le domande più frequenti poste dalla popolazione sono: che mezzi abbiamo a disposizione per tracciare i contagi? Per quali pazienti ne è indicato l’utilizzo? Qualora debbano essere utilizzati, quali sono i criteri di scelta dei test disponibili? Prima di rispondere a tali domande, sono necessarie alcune premesse.
Definizioni
- Isolamento: separazione delle persone infette dal resto della comunità per la durata del periodo di contagiosità, in ambiente e condizioni tali da prevenire la trasmissione dell’infezione.
- Quarantena: restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione (periodo medio intercorrente dal contatto con l’agente infettivo al manifestarsi dei sintomi).
- Caso sospetto: paziente con sintomi compatibili con infezione da SARS-CoV-2. Il concetto include i contatti stretti sintomatici.
- Caso positivo: paziente che è risultato positivo per SARS-CoV-2 al test molecolare.
- Contatto stretto asintomatico: persona che non presenta sintomi compatibili ma venuta a contatto con un caso positivo al test molecolare (per approfondire “Casi asintomatici e periodo di incubazione”)
Test attualmente disponibili
Test molecolare: Real Time PCR
Rappresenta il test di riferimento per la diagnosi di COVID-19 (per approfondire “Dal tampone al referto”). La rilevazione dell’RNA virale di SARS-CoV-2 viene eseguita in laboratorio da campioni clinici (in genere tamponi nasofaringei o orofaringei). È in grado di:
- rilevare il patogeno anche a bassa carica virale in soggetti sintomatici, pre-sintomatici o asintomatici;
- misurare e quantificare la concentrazione iniziale di genoma virale.
Il risultato può esser ottenuto in un minimo di 3-5 ore ma situazioni organizzative e logistiche possono richiedere anche 1-2 giorni.
Ai fini della segnalazione dei casi nel sistema della sorveglianza vengono considerati solo i risultati positivi ottenuti tramite tale test effettuati nei laboratori di riferimento regionali o dai laboratori identificati/autorizzati (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-sorveglianza).
La sensibilità del test molecolare è superiore al test antigenico (il rischio di risultati falsi negativi del test è inferiore).
Test antigenico rapido
Il campione biologico è sempre ottenuto mediante tampone nasale e naso-oro-faringeo. A differenza dei test molecolari, i test antigenici rilevano la presenza non del genoma virale ma delle proteine (antigeni) presenti sulla superficie del virus tramite anticorpi diretti specificamente contro di esse.




Perché preferire un test antigenico rapido ad un test molecolare?
- maggiore rapidità di esecuzione (30-60 minuti);
- minor costo;
- non vi è necessità di personale specializzato.
Queste caratteristiche renderebbero tale test utile alla diagnosi precoce o screening. In realtà, i test molecolari hanno una maggiore sensibilità (percentuale minore di falsi negativi) prima della comparsa dei sintomi, mentre nella fase immediatamente successiva ai sintomi i test rapidi antigenici e quelli molecolari hanno una sensibilità simile.
Quando, allora, avrebbe senso utilizzare il test rapido? Il test rapido potrebbe essere utilizzato per l’identificazione dei contatti asintomatici dei casi confermati, anche se non è specificamente autorizzato per questa destinazione d’uso. Falsi negativi si possono, infatti, ottenere se:
- la concentrazione degli antigeni è inferiore al limite di rilevamento del test (es. se il prelievo è stato eseguito troppo precocemente rispetto all’ipotetico momento di esposizione al virus);
- il campione è stato prelevato, trasportato o conservato impropriamente.
Per questo, un risultato negativo del test non è sufficiente ad escludere completamente la possibilità di un’infezione da SARS-CoV-2. La negatività del campione, a fronte di forte sospetto di COVID-19, dovrebbe essere confermata mediante test molecolare, che rimane ancora lo strumento diagnostico più sensibile ed affidabile.
Allo stato attuale, i dati disponibili dei vari test antigenici sono: 70-86% per la sensibilità e 95-97% per la specificità.
La sensibilità e la specificità dei test antigenici rapidi dovranno essere valutate per i loro valori predittivi nel corso del loro sviluppo tecnologico.
Test sierologici
Rilevano la presenza di anticorpi sviluppati dal paziente in seguito ad un’infezione pregressa. I test sierologici vengono eseguiti su un campione di sangue ottenuto tramite puntura al dito, e vanno ad identificare gli anticorpi specifici contro il virus, che dovrebbero comparire a distanza di qualche settimana dopo aver contratto l’infezione (per approfondire “Test sierologici: come funzionano?”). Non sono in grado di confermare o meno un’infezione in atto, per questo, in caso di positività è necessario richiedere un test molecolare su tampone per conferma (Tabella 1).




Indicazioni per la durata e il termine dell’isolamento e della quarantena.
- Casi positivi: il rientro in comunità deve soddisfare due criteri:
- periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando alterazioni del gusto e dell’olfatto che possono persistere più a lungo);
- test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni dalla scomparsa dei sintomi.
Nel complesso, quindi, si può valutare se un caso positivo possa concludere il periodo di isolamento e rientrare in comunità solo dopo 10 giorni dall’inizio dei sintomi. Qualora il paziente non presenti più sintomi negli ultimi 3 giorni di questi 10, è possibile richiedere ed effettuare il test molecolare. Se quest’ultimo fosse negativo, il paziente può rientrare in comunità.
- Casi positivi a lungo termine: in alcuni casi, dopo 10 giorni di isolamento di cui gli ultimi 3 trascorsi senza sintomi, il test molecolare può risultare ancora positivo. Trascorsi 7 giorni senza sintomi, tali pazienti possono comunque interrompere l’isolamento solo dopo 21 giorni dalla comparsa dei primi sintomi.
La nota ministeriale specifica che questo criterio può essere modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi, tenendo conto dello stato immunitario delle persone interessate (nei pazienti immunodepressi il periodo di contagiosità può essere prolungato).
- Contatti stretti asintomatici: per questi pazienti è necessario un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso oppure un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione se viene effettuato un test antigenico o molecolare e questo risulti negativo il decimo giorno.
Quali test e a quali soggetti?
Alla luce delle premesse esposte, appare chiaro che test hanno significati diversi. Ogni tipologia di soggetto ha a disposizione delle indicazioni per effettuare un particolare tipo di test, a seconda di circostanze specifiche ben definite:
- Test molecolare:
- caso sospetto;
- contatto stretto asintomatico che diventa sintomatico durante la quarantena;
- screening per operatori sanitari/personale operante in contesti ad alto rischio;
- soggetto asintomatico in previsione di ricovero o ingresso in comunità chiuse (ad esempio residenze per anziani);
- soggetti posti in isolamento per ottenere la conferma di guarigione;
- contatto stretto asintomatico in quarantena per la chiusura a 10 giorni;
- conferma per soggetti risultati positivi al test antigenico rapido.
- Test antigenico rapido:
- soggetti con pochi sintomi che non hanno avuto contatti con casi accertati;
- contatti stretti di casi confermati asintomatici;
- soggetti asintomatici provenienti da aree a rischio;
- screening di comunità per motivi di sanità pubblica;
- soggetti asintomatici che eseguono il test su base volontaria (ad es. per motivi di lavoro o di viaggio).




Le indicazioni ministeriali, soprattutto in merito all’utilizzo dei tamponi rapidi, potranno subire variazioni in seguito alle nuove ricerche e alla messa a punto di kit sempre più avanzati. Per limitare il contagio e facilitare il tracciamento dei casi, va sottolineata l’importanza di un corretto aggiornamento da parte della comunità e di un’informazione che sia la più “scientifica” e accurata possibile. Nonostante i nuovi strumenti diagnostici e tecnologie di tracciamento possano rappresentare un notevole vantaggio rispetto alle prime fasi della pandemia, che pone nelle condizioni di agire in modo più consapevole e tempestivo, è fondamentale attenersi alle raccomandazioni e alle direttive igienico-sanitarie volte ad evitare il collasso del sistema sanitario nazionale e a tutelare la salute dei cittadini. Condividiamo la fiducia nelle scienze mediche e non mediatiche.
Bibliografia
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- SARS-CoV-2 Diagnostic pipeline. https://www.finddx.org/covid-19/pipeline/
- Circolare ministeriale n. 32850 del 12 ottobre 2020 “COVID-19: indicazioni per la durata ed il termine dell’isolamento e della quarantena”.
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- https://www.kyvobio.com/koop/cat-sars-cov-2-antigens-proteins-and-5102.html