Di Pasquale Romeo (Docente di Psichiatria presso l’Università “Dante Alighieri” di Reggio Calabria), Valentina Zema (Psicologa specialista in Psicologia Familiare e Relazionare) | 29 Maggio 2020
La pandemia causata dal nuovo Coronavirus ha costretto molte persone ad auto-isolarsi in casa o in strutture di quarantena dedicate. Le restrizioni applicate per arginare e depotenziare l’esplosione pandemica del COVID-19, hanno richiesto quarantena obbligatoria e isolamento sociale. Da un giorno all’altro, milioni di persone si sono trovate ad affrontare una situazione spaventosa, sconosciuta, surreale: le abitudini sono cambiate, le scuole e gli uffici chiusi, niente più sport, passeggiate con amici o cene in famiglia. Tutto è cambiato, mascherine e distanziamento sociale sono entrati a far parte della quotidianità. Gli aspetti più complicati e difficili da affrontare e gestire sono legati alla mancanza di controllo, all’assenza di informazioni, di prevedibilità e all’impotenza generalizzata. Tante e diverse sono le emozioni con cui ci troviamo a convivere; prima tra tutte la paura. La paura è un’emozione potente ma anche utile; funziona bene se proporzionata ai pericoli. Oggi tuttavia, molti pericoli non dipendono dalle nostre esperienze. Ne veniamo a conoscenza perché sono descritti dai media e sono a volte ingigantiti dai messaggi che circolano sulla rete. Può anche succedere così che la paura diventi eccessiva rispetto ai rischi oggettivi derivanti dalla frequenza dei pericoli. In questi casi la paura si trasforma in panico e finisce per danneggiarci. Si ha più paura dei fenomeni sconosciuti, rari e nuovi, e la diffusione del Coronavirus ha proprio queste caratteristiche. Pertanto, in questo periodo il nostro cervello sta compiendo un lavoro di adattamento straordinario, ed è sottoposto a un carico di stress e di emozioni differente rispetto a quello a cui eravamo abituati.
Le emozioni e e lo stress
La parola emozione deriva dal latino “emovus”, participio passato del verbo “emovere” che significa “muovere, allontanare”. In senso letterale, quindi, le emozioni vengono definite come “ogni agitazione o turbamento della mente, ogni passione, ogni stato mentale abbattuto od eccitato” (Palazzi, 1959). Le emozioni possono essere definite come “risposte complesse, prodotte quando l’organismo rileva uno stimolo adeguato” (Benuzzi e Nichelli, 2008). Queste risposte consistono in modificazioni dello stato interno (ad esempio, con un aumento o una riduzione della frequenza cardiaca), dell’apparenza esterna del corpo (ad esempio, mediante cambiamenti dell’espressione facciale o dell’intonazione della voce) e delle regioni cerebrali che costituiscono la base del pensiero. Infine, all’emozione è riservato il significato prevalente di una sindrome o complesso di reazioni a condizioni scatenanti, di solito definite (un evento esterno, un’immagine, o memoria), che si realizza in un arco di tempo breve (Palomba e Stegagno, 2004). Le emozioni consentono una valutazione dell’ambiente circostante, permettendoci di valutare e organizzare gli stimoli che ci colpiscono sulla base della loro rilevanza; regolano lo stato fisiologico in base alla situazione che dobbiamo affrontare, preparano all’azione e ad agire in risposta agli eventi che si verificano intorno a noi; modellano il nostro comportamento futuro sulla base delle esperienze passate; ci aiutano nell’interazione con gli altri: attraverso il nostro comportamento verbale o non verbale rendiamo esplicite le nostre emozioni. La componente emotiva impatta sulle nostre vite, oltre a consegnarci la profondità necessaria per modulare le nostre relazioni affettive, anche e soprattutto quando parliamo di stress. Sono proprio le nostre reazioni emotive a trasformare in stress degli stimoli esterni, che finiamo per considerare minacciosi e stressanti. Occorre quindi riscoprire e reinventare alcuni meccanismi di modulazione della risposta emotiva, di autoregolazione, che possono aiutarci sia dal punto di vista relazionale che nella gestione dello stress.
Nell’uso corrente lo stress indica: tensione nervosa, logorio, affaticamento psicofisico ma anche il fatto, la situazione che ne costituiscono la causa. L’origine del termine è da ricercare anche in ambiti e settori del tutto diversi da quelli in cui lo inquadriamo oggi, ma per tornare alla psicologia, ciò si colloca in una correlazione tra lo stress e gli effetti che lo stesso ha su ciò che agisce, che sia una persona, o il suo animo, lo stress agisce modificandone lo stato, e mettendone alla prova la resistenza (Romeo, 2019). Gli eventi in grado di provocare stress sono detti “Stressor” e possono avere una natura di tipo fisico o psicologico. Lo stress può avere effetti fisiologici diretti sul nostro organismo causando aumento della pressione sanguigna; aumento dell’attività ormonale; diminuzione generale del sistema immunitario (Romeo, 2019). Allo stesso tempo può indurre una persona a mettere in atto comportamenti disfunzionali e pericolosi per la propria salute, come ad esempio comportamenti alimentari inadeguati. Dal punto di vista psicologico le persone esposte a livelli elevati di stress possono avere difficoltà a fronteggiare in maniera funzionale le difficoltà della vita e arrivare addirittura a essere completamente incapaci di agire. Come abbiamo accennato, una delle reazioni più tipiche in questi casi è sperimentare paura, ma se non riusciamo a gestirla percependo il Coronavirus come un pericoloso predatore inarrestabile, rischiamo di attuare comportamenti impulsivi, frenetici e irrazionali. Qui si passa spesso al panico o all’ansia generalizzata; in alcuni soggetti si sviluppa poi una situazione di ipocondria, intesa come tendenza a eccessiva preoccupazione per il proprio stato di salute, percependo ogni minimo sintomo come un segnale inequivocabile di infezione da Covid-19. E poi è fondamentale riflettere sul fatto che una persona che soffre di disturbi d’ansia potrebbe provare un’angoscia incontenibile, e una persona con problemi di alcolismo, che magari seguiva sedute di terapia di gruppo e individuale, si ritrova a bere più di prima. È come se il lockdown fosse stato una prova ancora più difficile e lunga, a cui queste persone non erano preparate e che si sono viste travolgere e togliere risorse importanti. Dentro le mura delle case sono state bloccate milioni di persone già fragili, che rischiano danni irreparabili alla propria salute mentale. La quarantena all’inizio veniva vista da alcuni come una scocciatura, da altri invece, con un sorriso, perfino piacevole. Tuttavia, presto ci siamo accorti che stare rinchiusi per settimane, non è una vacanza. Per molti il lockdown non è stato solo spiacevole o malinconico, si tratta di una bestia nera i cui morsi lasceranno ferite difficili da rimarginare.
L’impatto psicologico della quarantena
Per l’uomo, animale sociale, che l’isolamento sia un dramma non dovrebbe sorprenderci. Siamo in acque sconosciute: non abbiamo idea di cosa accada psicologicamente e culturalmente durante e dopo un lockdown ma abbiamo qualche esperienza che può guidarci. Nelle ultime settimane sono diversi gli studi che hanno confrontato e messo in correlazione gli effetti sulla salute psicologica della quarantena, utilizzando prevalentemente dati raccolti negli anni passati. Cinque studi hanno confrontato le valutazioni psicologiche per le persone che sono state messe in quarantena, con quelle di un gruppo di controllo non in quarantena. In uno studio, il personale ospedaliero venuto a contatto con la SARS venne messo in quarantena per nove giorni. Il disturbo più frequentemente diagnosticato, alla fine della quarantena, fu il disturbo acuto da stress che si caratterizza da un periodo di ricordi intrusivi, in seguito a un evento traumatico cui si è assistito o che si è vissuto in prima persona. I sintomi possono essere: ansia, invadente e ricorrente; ricordo angosciante dell’evento; sogni inquietanti ricorrenti riguardo ad alcuni eventi; reazioni dissociative; sofferenza psicologica o fisiologica intensa quando si ricorda l’evento; persistente incapacità di provare emozioni positive; ipervigilanza e irritabilità o scoppi d’ira. In un altro studio si è evidenziato che le persone messe in quarantena avevano quattro volte in più la probabilità di sviluppare un disturbo post traumatico da stress (PTSD) rispetto al gruppo di controllo non in quarantena. Il disturbo post traumatico da stress si manifesta in conseguenza ad un fattore traumatico estremo, cui la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. Le persone affette da PTSD manifestano difficoltà al controllo delle emozioni, irritabilità, rabbia improvvisa o confusione emotiva, depressione e ansia, insonnia, ma anche la determinazione a evitare qualunque atto che li costringa a ricordare l’evento traumatico. Un altro sintomo molto diffuso è il senso di colpa, per essere sopravvissuti o non aver potuto salvare altri individui. Dal punto di vista più prettamente fisico, alcuni sintomi sono dolori al torace, capogiri, problemi gastrointestinali, emicranie, indebolimento del sistema immunitario. Tre studi hanno dimostrato che periodi più lunghi di quarantena erano associati ad un deterioramento peggiore della salute mentale con sintomi da stress post-traumatico, comportamenti di evitamento e rabbia. E’ stato dimostrato che le persone messe in quarantena per più di dieci giorni hanno mostrato sintomi post-traumatici da stress significativamente più elevati, rispetto a quelli messi in quarantena per meno tempo. Ovviamente il confinamento, la perdita della solita routine, e la riduzione dei rapporti sociali fanno aumentare esponenzialmente il senso di impotenza, insicurezza e angoscia. Inoltre, negli studi esaminati, la perdita finanziaria, derivante dalla quarantena, è stata classificata come un fattore di rischio elevato per lo sviluppo di disturbi psichiatrici.

Un articolo pubblicato in questi giorni dalla rivista di medicina Lancet, cerca di analizzare e riassumere gli studi sull’effetto psicologico delle quarantene passate. Nell’articolo “The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence” di Samantha K. Brooks, Rebecca K. Webster, et al., è stata fatta una revisione dell’impatto psicologico della quarantena utilizzando tre database. Dei 3166 articoli trovati, 24 sono inclusi in questa review. La maggior parte degli studi esaminati ha riportato effetti psicologici negativi tra cui sintomi di stress post-traumatico, confusione e rabbia. I fattori di stress includevano una maggiore durata della quarantena, paure di infezione, frustrazione, noia, informazioni inadeguate, perdite finanziarie e stigmatizzazione. Nel complesso, questa review suggerisce che l’impatto psicologico della quarantena è ampio, sostanziale e può durare a lungo. Ciò non significa che la quarantena non debba essere utilizzata; gli effetti psicologici del non utilizzo della quarantena e della diffusione della malattia potrebbero essere peggiori. Quindi in situazioni in cui la quarantena è ritenuta strettamente necessaria, il Governo dovrebbe mettere in isolamento le persone solo per un periodo non superiore a quello richiesto, fornire una logica razionale, informazioni chiare sui protocolli, e garantire che siano forniti presidi sufficienti.
Resilienza e autoregolazione emotiva
Le persone in quarantena devono capire bene la situazione e come potrà evolversi, altrimenti le emozioni prenderanno il sopravvento sulla razionalità inducendo a comportamenti rischiosi ed azzardati. Più l’individuo sarà in preda al panico, derivante dalla paura o dalle poche informazioni, più si restringerà il campo della razionalità e della auto-riflessività. Quella che oggi sta accadendo a causa del SARS-CoV-2, è una grande emergenza sanitaria, la quarantena richiesta alle persone è un modo per salvaguardarne la vita. Questa pratica però potrebbe avere effetti a lungo termine (si parla addirittura di mesi o anni) sulla psiche umana e ciò non dovrebbe sorprenderci. Dobbiamo comunque calcolare il rischio-beneficio di ogni azione restrittiva presa a livello globale. Questa limitazione della libertà, senza precedenti, è risultata purtroppo necessaria ad arginare il nuovo Coronavirus. Una limitata dose di paura e allerta sono necessarie, anzi fondamentali. Tuttavia, il limite fra una funzionale attivazione (eustress o stress positivo) e un eccesso di allerta con comportamenti poco lucidi e controproducenti (distress o stress negativo) è sottile. Di fondamentale importanza è anche il concetto di resilienza. La resilienza è la capacità di affrontare momenti difficili, eventi traumatici e in generale gli “Stressor” riorganizzando in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà. Molti studi presenti in letteratura ci dicono che occorre trovare un equilibrio tra il cambiamento delle situazioni su cui è possibile esercitare un certo controllo e l’accettazione dei vissuti emotivi che le situazioni stressanti, a cui siamo esposti, ci provocano e su cui non è possibile agire, modificandoli o riducendoli. Questo equilibrio può essere raggiunto attraverso i processi di autoregolazione emotiva. Un processo di cui siamo naturalmente dotati ma che può essere potenziato per garantire una migliore gestione delle emozioni stressanti, derivate dall’esposizione a situazioni di vita difficili. Sicuramente un aspetto fondamentale è quello di riconoscere le emozioni spiacevoli e cercare di individuare, anche quando magari sembra difficile ammetterlo, le fonti di stress. È fondamentale accettare di avere piccoli momenti di fragilità che però sono normali e fisiologici per tutti e accettare le emozioni, anche quelle più spiacevoli. La capacità di essere presenti a sé stessi si può costruire in molti modi, dalla meditazione o mindfulness, al praticare le più svariate attività mantenendo l’attenzione su quello che si sta facendo o, più semplicemente, ascoltandoci. Aspettare è il meccanismo fondamentale di autoregolazione. Le emozioni connesse agli eventi stressanti spingono, o quasi ci impongono reazioni fulminee, ma se ciò era funzionale in situazioni di oggettivo pericolo fisico a cui l’uomo era esposto migliaia di anni fa, come scappare di fronte ad un animale feroce, appare poco efficace nel contesto odierno.
Bibliografia e Sitografia:
- Brooks, S. K., Webster, R. K., Smith, L. E., Woodland, L., Wessely, S., Greenberg, N., & Rubin, G. J. (January 01, 2020). The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence. The Lancet.
- Centers for Disease Control and Prevention. Quarantine and isolation. 2017.
- https://www.cdc.gov/quarantine/index.html
- Public Health England. Novel coronavirus (2019-nCoV) – what you need to know. 2020.
- Rubin GJ, Wessely S. The psychological effects of quarantining a city. BMJ 2020
- Rapid reviews to strengthen health policy and systems: a practical guide. 2017.
- http://www.salute.gov.it/
- https://www.epicentro.iss.it/
- https://www.who.int/
- http://www.psychiatryonline.it/node/8501
- Palazzi, F. (1959). Novissimo Dizionario della lingua italiana. A cura di Folena, G. Casa Editrice Ceschina, Milano.
- Benuzzi, F., Nichelli, P. (2008). I disturbi emozionali associati a malattie neurologiche. In: Papagno, C., Vallar, G. Manuale di neuropsicologia. Il Mulino, Bologna, pp. 391-400.
- Palomba, D., e Stegagno, L. (2004). Psicofisiologia dell’emozione. In: Psicofisiologia clinica. Carocci editore, Roma, pp. 65-92.
- Romeo, P. (2019). Il pensiero positivo. Come affrontare e vincere lo stress. Diarkos Editore.