Sinossi:
La pandemia da Covid-19, causata dal virus SARS CoV-2, sta colpendo milioni di persone in tutto il mondo. Recenti studi clinici hanno scoperto che il virus colpisce anche a livello neurologico. Infatti, sebbene i sintomi respiratori siano più comuni, SARS CoV-2 danneggia anche il sistema nervoso centrale e periferico. Studi preliminari dimostrano che l’imaging di Risonanza Magnetica strutturale e l’Elettroencefalografia possono essere preziosi alleati per la rilevazione della SARS CoV-2. Per comprendere meglio l’impatto a medio e lungo termine della SARS CoV-2 sull’attività neurologica, dovrebbe essere incluso il protocollo di risonanza magnetica funzionale.
Abbreviazioni: Nuovo Coronavirus 2019: SARS CoV-2, Infezione causata dal nuovo coronavirus 2019: COVID-19, Elettroencefalografia: EEG, Imaging di Risonanza magnetica: MRI.
Effetti del COVID-19 sul sistema nervoso
Prove cliniche di neuro-infezione causate da coronavirus sono state già scoperte da studi clinici riguardanti la sindrome respiratoria acuta grave (SARS CoV) e la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS CoV)1–3. Dopo la diffusione del nuovo SARS CoV-2 in tutto il mondo, si è supposto che il suo effetto neurologico sia simile agli altri coronavirus e infatti, gli studi preliminari condotti dal gennaio 2020, sembrano confermare questa ipotesi4,5. Mao e colleghi hanno condotto uno studio su un gruppo di 214 pazienti, arruolati a Wuhan, con una grave forma di infezione. Da questo studio è emerso che SARS-CoV2 agisce sia sul Sistema Nervoso Centrale (SNC) sia sul Sistema Nervoso Periferico (SNP)6.
Nel SNC, COVID-19 è associata a una grande quantità di complicanze patologiche come encefalopatia, meningite, ictus ischemico ed emorragico7. Studi preliminari hanno confermato le interazioni tra il virus e il SNC, con le complicanze più gravi nei pazienti con patologie neurologiche pregresse. È stato dimostrato che il SARS-CoV2 influenza la produzione di citochine, causando lo sviluppo di encefalopatie e la possibile rottura della barriera emato-encefalica8,9. Conseguenze di COVID-19 sul SNP sono: la disfunzione dell’olfatto e del gusto (cioè anosmia, ageusia), l’insorgenza di lesioni muscolari e delle neuropatie post-infettive, come la sindrome di Guillain-Barre7. Sebbene le neuro-patologie più critiche siano state registrate in pazienti con patologie già preesistenti10, è fondamentale studiare gli effetti neurologici del COVID-19 per poter rilevare l’infezione virale anche attraverso l’analisi dei sintomi neurologici.
Come rilevare gli effetti neurologici da COVID-19
Precedenti indagini su altri coronavirus ci mostrano che la Risonanza Magnetica funzionale (fMRI) e l’Elettroencefalografia (EEG) possono essere molto utili per valutare l’eventuale alterazione anche a medio e a lungo termine dell’attività cerebrale provocata da COVID-19. Le immagini a risonanza magnetica (RM) ad alta risoluzione sono considerate lo standard di riferimento per studiare le lesioni dei tessuti cerebrali e le possibili emorragie cerebrali11, pertanto, diverse tecniche di risonanza magnetica sono già state impiegate in studi preliminari sulla relazione tra COVID-19 e lesioni del SNC12.
Nei pazienti con patologie del SNC, precedentemente diagnosticate e positivi alla SARS-CoV2, il virus sembra amplificare la manifestazione di disturbi neurologici, anche senza causare nuovi danni al cervello o eventi emorragici. Vollono e colleghi (2020) hanno riportato il caso clinico di una donna affetta da epilessia postencefalitica e positiva a SARS CoV-2, che presentava uno stato epilettico focale tra i primi sintomi di COVID-1913. L’EEG eseguito durante un follow-up è risultato normale, mentre l’EEG eseguito durante l’infezione, ha rivelato un’attività delta cerebrale irregolare prevalentemente nelle regioni fronto-centro-temporali (Figura 1). In questo caso la risonanza magnetica cerebrale non ha mostrato nuove lesioni.

Inoltre, Poyiadji e colleghi (2020) hanno riportato il caso di una donna vicina ai 60 anni, con una sindrome respiratoria acuta grave associata a COVID-19 e uno stato mentale alterato14. La risonanza magnetica strutturale è stata utilizzata per rilevare la presenza di eventi emorragici. La Figura 2 mostra la sezione coronale ottenuta con risonanza magnetica. La sequenza di risonanza magnetica (T2 FLAIR) mostra le regioni iperintense in corrispondenza dei lobi temporali mediali (pannelli A e B) e dei talami (pannello E e F). L’evento emorragico si traduce nella regione ipointensa nelle immagini pesate in suscettività megnetica (pannello C e G) con il bordo evidenziato migliorato nelle immagini post-contrasto (pannello D e H). Le lesioni nell’area del lobo talamico e mediale sono una caratteristica tipica dell’Encefalopatia Necrotizzante Acuta (ENA). Altre strutture cerebrali caratteristiche che potrebbero essere influenzate dall’ENA sono il tronco encefalico e il cervelletto15. Pertanto, in uno studio futuro, potrebbe rivelarsi utile eseguire l’analisi di queste aree per valutare la presenza di danni nei pazienti COVID-19 e studiare gli effetti a lungo termine del virus sull’attività cerebrale16.




talami (E e F). Immagini pesate in suscettività magnetica in cui le frecce puntano verso l’area ipertensiva emorragica (C e G) e il bordo evidenziato nelle immagini post contrasto (D e H). Figura di Poyadji et al (2020).
I pazienti affetti da SARS-CoV2 potrebbero risultare negativi al tampone nasale ma presentare comunque le malattie neurologiche indotte dal virus come mal di testa, confusione e, nei casi più gravi, perdita di conoscenza. Moriguchi e colleghi (2020) hanno riportato il caso di un ragazzo di 24 anni con febbre, tosse e mal di testa il cui tampone nasale COVID-19 è risultato negativo17. È stato ricoverato in terapia intensiva pochi giorni dopo il tampone perché presentava gravi disturbi della coscienza ed episodi di convulsioni. Il fluido cerebrospinale è stato testato per dimostrare la presenza di COVID-19. Invece, la RM cerebrale è stata eseguita per rilevare la presenza di lesioni cerebrali. Le caratteristiche di imaging mostrate nella Figura 3, portano alla diagnosi della ventricolite laterale destra e dell’encefalite localizzata nel lobo mediale destro e nell’ippocampo.




I risultati atipici di EEG e MRI degli studi sopra menzionati dimostrano che le encefalopatie e la lesione cerebrale potrebbero essere considerate sintomi di COVID-19 allo stesso livello della sindrome respiratoria acuta. Inoltre, questi risultati suggeriscono che i sintomi neurologici non sono caratteristici di una specifica fascia d’età ma, in presenza di una forma grave di COVID-19, possono manifestarsi sia in pazienti giovani sia in pazienti anziani13,14. In passato, altri coronavirus sono stati ritenuti responsabili di malattie neurologiche ed è emersa l’importanza della tecnica di imaging cerebrale per studiare il comportamento delle aree cerebrali colpite dall’infezione18. Pertanto, sarebbe utile considerare la tecnica di risonanza magnetica funzionale nel protocollo di diagnosi per sospetti pazienti COVID-19 con sintomi neurologici.
Su scala cellulare, la porta di ingresso del COVID-19 sembra essere l’epitelio olfattivo, dove risiedono siti di legame cellulari per l’entrata del virus. La loro assenza, nei neuroni sensoriali olfattivi, fa in modo che il COVID-19 induca la perdita di olfatto (anosmia) ma questo processo non è ancora completamente chiaro19. Studi precedenti hanno proposto la tecnica di risonanza magnetica per studiare se l’anosmia provoca cambiamenti morfologici dei bulbi olfattivi20,21 .
Politi e colleghi (2020) hanno riportato il caso clinico di una donna di 25 anni positiva a COVID-19 con anosmia grave persistente. La risonanza magnetica cerebrale mostra un segnale iperintenso in corrispondenza dei bulbi olfattivi (Figura 4). Una risonanza magnetica di follow-up eseguita circa un mese dopo ha rivelato che i bulbi olfattivi erano più sottili e leggermente meno iperintensi22 . Questo risultato suggerisce che eseguire studi longitudinali di risonanza magnetica focalizzati sui bulbi olfattivi potrebbe essere utile per valutare la possibile evoluzione temporale della loro morfologia a partire dalla fase acuta fino a quella di follow-up23. Per ottenere un’informazione più accurata, potrebbe essere molto interessante studiare gli effetti da COVID-19 sul sistema olfattivo usando tecniche MRI ad alta risoluzione focalizzata proprio sui bulbi olfattivi.
L’impiego della risonanza magnetica ad alto contrasto e ad alta risoluzione spaziale potrebbe rivelarsi un potente strumento per studiare l’effetto COVID-19 non solo sul SNC, ma anche sul SNP.




In conclusione, considerando la somiglianza tra SARS-CoV e SARS CoV-2, è necessario chiarire in che modo quest’ultimo influisca sul sistema nervoso e sul tratto respiratorio, e se questa infezione può essere parzialmente responsabile dell’insufficienza respiratoria acuta di pazienti affetti da COVID-19.
Inoltre, si evidenzia il ruolo chiave delle tecniche di risonanza magnetica strutturale per rilevare possibili lesioni o emorragie. Si potrebbe definire un protocollo ad hoc di risonanza magnetica ad alta risoluzione per mettere in evidenza queste strutture. Una volta raccolte queste informazioni sul COVID-19, si potrebbero confrontare questi dati con i risultati precedenti relativi agli effetti degli altri coronavirus (SARS CoV, MERS) sul sistema nervoso centrale. Ulteriormente, poiché le evidenze sopra menzionate sottolineano l’importanza della risonanza magnetica nell’indagine sugli effetti di COVID-19 sul sistema nervoso centrale, si potrebbe indagare la possibilità di inserire la risonanza magnetica funzionale (fMRI) nel protocollo di ricerca su COVID-19. Gli studi effettuati fino ad ora non hanno riportato acquisizioni di fMRI o EEG come strumento diagnostico. Il motivo della loro assenza potrebbe essere dovuto alla necessità di agire molto rapidamente durante la fase di picco dell’emergenza sanitaria causata da COVID-19.
fMRI e EEG consentono di studiare l’attività cerebrale rispettivamente nel dominio spaziale e temporale. Inoltre, il segnale dipendente dal livello di ossigenazione del sangue (BOLD) è strettamente correlato al sistema neurovascolare10, pertanto si potrebbe valutare se l’effetto del virus sul sistema neurovascolare si rifletta nel segnale BOLD.
La definizione di un protocollo di follow-up per i pazienti affetti da COVID-19 con sintomi neurologici che includa la risonanza magnetica strutturale e funzionale e l’EEG, consentirebbe di eseguire studi longitudinali sulle lesioni cerebrali e analizzare i cambiamenti avvenuti sull’attività cerebrale dei pazienti che ha mostrato sintomi neurologici associati al virus. Inoltre, come menzionato nello studio di Vollono et al (2020) nel caso di pazienti COVID-19 già sottoposti a follow-up per malattie del SNC precedentemente valutate, le acquisizioni di fMRI ed EEG consentono di indagare l’effetto COVID-19 su un sistema nervoso centrale già compromesso.
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