di Giuseppe Scarlata, Maria Chiara Rosace, Antonino Napoleone | 14 Marzo 2021.

A fine 2020 il mondo ha finalmente imboccato la strada della prevenzione (per approfondire: “Opzioni vaccinali sui vaccini: come scegliere?”) per contrastare il ben noto SARS-CoV-2 tramite la vaccinazione. In realtà, altre pratiche possono essere ascrivibili tra i metodi di prevenzione, seppur concettualmente diversi, fin dagli albori di questa pandemia, si è tentato di sensibilizzare ed educare la popolazione al distanziamento sociale, all’utilizzo delle mascherine (per approfondire: “le verità sulle mascherine, servono o no?”) e di gel igienizzanti per le mani. È stato sperimentalmente verificato che queste pratiche risultano davvero efficaci nel contenere il numero di contagi e limitare la diffusione del virus. In alcuni periodi, specialmente a fronte dell’intensificazione delle misure igieniche e di isolamento sociale, si sono potuti riscontrare dei cali nei picchi di trasmissione di SARS-CoV-2. Sicuramente il focus sanitario è tutto incentrato su un unico antagonista, ma a livello microbiologico di certo non si può pensare che tutti gli altri microrganismi siano improvvisamente scomparsi o usciti di scena. Eppure, SARS-CoV-2 potrebbe non essere l’unico agente virale ad aver risentito delle pratiche igieniche e di distanziamento adottate dalla popolazione. Prima della diffusione mondiale di SARS-CoV-2, in particolar modo nel periodo invernale, quando le temperature si abbassano, eravamo spesso costretti a rimanere a casa a seguito della comparsa di sintomi quali febbre, tosse, mal di testa, dolori alle ossa e spossatezza, sintomi in genere riconducibili alla comune influenza. Per una buona fetta di popolazione considerata rischio, quali donne in gravidanza, bambini tra i 6 mesi e i 5 anni, soggetti con malattie respiratorie croniche o soggetti diabetici, i sintomi possono aggravarsi fino a coinvolgere in modo più serio il sistema cardiocircolatorio e il sistema nervoso. Anche se sono necessari ulteriori valutazioni e studi, a livello epidemiologico, è stato riscontrato un netto calo dei casi di influenza rilevati fra la popolazione, ed è presumibile che proprio le pratiche preventive adottate per limitare la diffusione di SARS-CoV-2, siano state effettive a limitare anche la trasmissione dei virus influenzali, che avviene per via aerea. Quali sono i patogeni responsabili dell’influenza?  Come si cura? E soprattutto, è stato davvero riscontrato un calo d’incidenza durante la pandemia? 

L’influenza e i patogeni 

L’influenza è una malattia respiratoria acuta causata da virus, appartenenti alla famiglia degli Orthomyxoviridae, i quali presentano un genoma a singolo filamento di RNA a polarità negativa plurisegmentato secondo la convenzionale classificazione dei virus (ad esempio il genoma dei Coronavirus, appartenenti alla famiglia dei Coronaviridae, è costituito da un singolo filamento di RNA a polarità positiva). Vengono classificati quattro diversi generi in grado di infettare i vertebrati: l’influenzavirus A provoca infezioni nell’uomo, nei mammiferi e negli uccelli. Influenzavirus B infetta l’uomo e i pinnipedi, Influenzavirus C infetta l’uomo e i suini, Influenzavirus D infetta suini e bovini. I generi A e B sono certamente i più comuni e i più rilevanti dal punto di vista clinico, rispetto ai generi C e D, anche se di quest’ultimo non è ancora nota la possibilità di una trasmissione inter-umana. La struttura illustrata in Figura 1 è relativa ai virus dell’Influenza A, anche se gli altri ceppi influenzali ne condividono numerose similarità strutturali. Il virione dell’Influenza A ha un diametro di 80–120 nm ed è generalmente di forma sferica. Il genoma contiene otto porzioni di RNA che codifica 11 proteine (HA, NA, NP, M1, M2, NS1, NEP, PA, PB1, PB1-F2, PB2). Le più caratterizzate tra queste, sicuramente sono l’emoagglutinina e la neuraminidasi, che si trovano sulla superficie esterna delle particelle virali. La neuraminidasi è un enzima coinvolto nel rilascio dei virioni all’esterno delle cellule infette, mentre l’emagglutinina è una proteina (lectina) che media la penetrazione del virus e l’ingresso del genoma virale nelle cellule umane bersaglio. 

Figura 1. Rappresentazione schematica del virus dell’Influenza A. Le due principali glicoproteine di superficie, l’emoagglutinina (HA) e la neuraminidasi (NA), insieme a un piccolo numero di proteine del canale ionico della matrice 2 (M2) sono incorporate in un doppio strato fosfolipidico. La proteina della matrice 1 (M1) è alla base dell’involucro e interagisce con le proteine di superficie e con le ribonucleoproteine (RNPs). Le RNP sono costituite dagli otto segmenti di RNA a filamento negativo e dalla nucleoproteina (NP) e dal complesso della polimerasi (PB2, PB1 e PA). La proteina di esportazione nucleare (NEP, o proteina non strutturale 2, NS2) è contenuta nel virione, al contrario della proteina non strutturale 1 (NS1). 

Le vie di trasmissione sono le stesse dei Coronavirus: 

  • Via aerea tramite droplets che si producono tossendo o parlando; 
  • Contatto diretto semplicemente toccando occhi, bocca e naso con mani contaminate; 
  • Contatto con comuni oggetti contaminati, su cui il virus può permanere per diverso tempo, e successivo contatto con le mucose (occhi, naso, bocca). 

Un individuo è contagioso da 1-2 giorni prima dall’inizio della sintomatologia, fino a un massimo di 5-10 giorni dall’esordio dei sintomi. Un’ulteriore problematica è rappresentata dalla presenza di portatori asintomatici, di cui è più complicato stabilire il tasso di contagiosità. La terapia generalmente mira semplicemente ad alleviare i sintomi tramite l’uso di farmaci ad azione analgesica, antipiretica o antiinfiammatoria come paracetamolo e ibuprofene. Nei soggetti considerati fragili o a rischio si ricorre invece a una terapia farmacologica mirata che comprende gli inibitori della proteina M2 e gli inibitori della neuraminidasi virale.  

Incidenza del virus influenzale in Italia 

La sorveglianza epidemiologica dell’influenza in Italia è gestita dall’Istituto Superiore di Sanità tramite la piattaforma InfluNet costantemente aggiornata tramite report. Nell’ottava settimana del 2021, precisamente quella che va dal 22 al 28 Febbraio, l’incidenza delle sindromi simil-influenzali è risultata stabile al di sotto della soglia basale di 3,16 casi per mille assistiti con un valore di 1,7 casi per mille assistiti. Se confrontati con la precedente stagione, nella stessa settimana la curva epidemiologica iniziava la sua discesa dopo aver raggiunto il picco epidemico stagionale e con un’incidenza di 7,2 casi per mille assistiti (Figura 2). 

Figura 2. Incidenza delle sindromi simil-influenzali in Italia e confronto del dato epidemiologico con la precedente stagione. 

Analizzando i dati demografici l’incidenza per fasce d’età è così distribuita: 

  • 0-4 anni: 4,448 casi per mille assistiti 
  • 5-14 anni: 1,88 casi per mille assistiti 
  • 15-64 anni: 1,77 per mille assistiti  
  • > 65 anni: 0,90 casi per mille assistit

Geograficamente, escludendo la provincia autonoma di Bolzano, la Calabria e la Sardegna, le restanti regioni hanno attivato la sorveglianza, raccogliendo dati e riportando dei riscontri epidemiologici che confermano un trend positivo in atto di calo dell’incidenza dell’influenza. (Figura 3).   

Figura 3. Incidenza totale delle sindromi simil-influenzali in tutte le regioni italiane nelle settimane di sorveglianza. L’incidenza è stata categorizzata in quattro classi e ad ognuna è stato assegnato un diverso colore. 

In conclusione 

Dopo aver analizzato i dati delle regioni italiane che hanno attivato la sorveglianza epidemiologica, sembrerebbe che le misure preventive anti SARS-CoV-2 abbiano dunque permesso di ridurre l’incidenza della comune influenza e delle sindromi simil-influenzali limitandone la trasmissione al sotto la soglia basale. Questo fenomeno in realtà è stato riscontrato in modo del tutto paragonabile in diverse aree a livello globale. Infatti, i dati epidemiologici riportati dalla comunità scientifica hanno evidenziato un netto calo del tasso di incidenza di influenza e infezioni respiratorie anche in altre aree geografiche. 

Certamente un plauso va a tutti coloro che hanno scelto di vaccinarsi contro il virus influenzale, favorendo indirettamente una diagnosi differenziale per quanto riguarda i casi di COVID-19 rispetto ai casi di influenza stagionale. È anche bene gratificare chi con gran senso civico quotidianamente osserva le corrette norme igieniche, il distanziamento sociale e l’utilizzo delle mascherine, dimostrando, con dati alla mano che le misure preventive in atto portano a dei risultati concreti ed effettivi al fine di limitare la trasmissibilità di avversari invisibili, di cui faremmo volentieri a meno. Il tutto in forma provvisoria, in attesa, si spera, che la profilassi attiva con la distribuzione su larga scala dei vaccini possa scongiurare almeno uno dei presenti in lista. Condividiamo la fiducia nelle scienze mediche e non mediatiche, sperando che presto si possa davvero pensare a SARS-CoV-2 come a uno dei passeggeri virus influenzali. 

Bibliografia: 

  1. Luo M. Influenza virus entry. Adv Exp Med Biol. 2012;726:201-221. doi:10.1007/978-1-4614-0980-9_9 
  2. Taubenberger JK, Kash JC. Influenza virus evolution, host adaptation, and pandemic formation. Cell Host Microbe. 2010;7(6):440-451. doi:10.1016/j.chom.2010.05.009 
  3. https://www.epicentro.iss.it/influenza/influenza 
  4. Rapporto Epidemiologico InfluNet n°15 del 5 Marzo 2021.  
  5. Ghedin E, Sengamalay N, Shumway M, Zaborsky J, et al. Large-scale sequencing of human influenza reveals the dynamic nature of viral genome evolution., Nature, vol. 437, n. 7062, Oct 20, 2005, pp. 1162-6. 
  6. Olsen SJ, Azziz-Baumgartner E, Budd AP, et al. Decreased Influenza Activity During the COVID-19 Pandemic — United States, Australia, Chile, and South Africa, 2020. MMWR Morb Mortal Wkly Rep 2020;69:1305–1309. DOI: http://dx.doi.org/10.15585/mmwr.mm6937a6 

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