di Maria Chiara Rosace e Caterina Campese1 | 15 Luglio 2021.
1Junion officer (Randstand) presso Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA)
Durante più di 400 milioni di anni di co-evoluzione con gli insetti, le piante hanno sviluppato uno spettro molto vario di difese morfologiche, molecolari e biochimiche per resistere ai loro attacchi. I processi co-evolutivi interessano naturalmente anche gli insetti stessi, che necessitano di fonti alimentari e devono pertanto trovare delle strategie per eludere le difese messe a punto dagli organismi vegetali. Un recentissimo studio pubblicato sulla rivista Cell ha mostrato per la prima volta il meccanismo di trasferimento di un gene da una pianta ad un insetto, che permette a quest’ultimo di sottrarsi alle difese del suo ospite.
Metaboliti secondari e strategie di difesa delle piante
I glicosidi fenolici sono composti chimici costituiti da un’unità di zucchero legata ad un aglicone fenolico, e sono tra i più abbondanti metaboliti secondari prodotti dalle piante. Questi composti sono in grado di influenzare la crescita, lo sviluppo e il comportamento degli insetti erbivori1,2. Nelle piante, un’importante modifica biochimica dei glicosidi fenolici coinvolge la loro malonilazione: l’enzima glucoside maloniltransferasi catalizza il trasferimento di un gruppo malonile da malonil-CoA al glicoside fenolico, svolgonendo un ruolo importante in vari processi, tra cui la difesa contro gli insetti. In poche parole, questi composti chimici prodotti dalla pianta rappresentano un’importante arma di difesa, poiché sono tossici per la maggior parte degli insetti erbivori. Tuttavia, alcuni insetti specializzati possono affrontare facilmente i glicosidi fenolici, neutralizzarli e convertirli (o metabolizzarli) in altre molecole non dannose. Questo succede soprattutto negli insetti specialisti (con un ridotto range di piante ospiti) mentre i meccanismi che permettono agli insetti generalisti o polifagi (con un’ampia gamma di piante ospiti) di superare gli effetti dannosi dei glicosidi fenolici sono ancora sconosciuti3.
Comprendere come alcuni insetti fanno fronte a questi metaboliti potrebbe aiutare a spiegare la loro adattabilità a diversi ospiti ed eventualmente sviluppare efficaci strategie di difesa per la protezione delle piante.
Il curioso caso di Bemisia tabaci
La mosca bianca del tabacco, Bemisia tabaci è uno tra i più devastanti parassiti delle colture (Figura 1). È un insetto estremamente polifago e trasmette virus nutrendosi del floema (complesso di tessuti con la principale funzione di trasportare linfa, nutrienti e altri composti organici solubili) delle sue piante ospiti.
Analisi filogenetiche hanno descritto B. tabaci come uno “species complex”, ovvero un complesso di circa 40 specie che, pur essendo indistinguibili da un punto di vista morfologico, presentano differenze genetiche le une dalle altre.

Come già accennato, questi insetti sono molto dannosi per le colture. Nutrendosi di ingenti quantità di linfa, portano a modifiche fisiologiche delle piante ospiti, con conseguenti ritardi nella crescita o sintomi di diverso tipo. Gli zuccheri in eccesso derivanti dalla linfa vengono secreti sotto forma di melata che può arrecare ulteriori danni se posta per esempio sui frutti delle piante, rendendoli appiccicosi e favorendo la crescita di colonie fungine. Le foglie ricevono inoltre numerose punture e in alcuni casi possono appassire, con conseguenze sullo sviluppo dell’intera pianta. Come accennato in precedenza, B. tabaci è inoltre vettore di numerosi virus.
La maggior parte delle piante di cui la mosca bianca si nutre contengono glicosidi fenolici, e scoprire come B. tabaci affronta questi metaboliti di difesa potrebbe aiutare a spiegare la sua pervasiva adattabilità all’ospite.
È possibile un trasferimento genico dalle piante agli insetti? Lo studio di Cell
È proprio in questo che ci viene in aiuto lo studio pubblicato di recente su Cell. Le analisi genomiche eseguite hanno dimostrato che B. tabaci è portatrice di un gene di origine vegetale, chiamato BtPMaT1, coinvolto nella maloniltransferasi dei glucosidi fenolici. Le analisi hanno mostrato che questo gene è stato acquisito orizzontalmente dalle piante (Figura 2). La presenza di BtPMaT1 permette a B. tabaci di neutralizzare i glicosidi fenolici delle piante ospiti, rendendo questi metaboliti secondari quasi completamente innocui.
Si è cercato di rilevare lo stesso gene, senza alcun successo, nel genoma di altri insetti, tra cui Trialeurodes vaporariorum, la mosca bianca, appartenente alla stessa famiglia di B. tabaci (Famiglia: Aleyrodidae). Questo potrebbe indicare che B. tabaci abbia acquisito il gene evolutivamente dopo la divergenza dal genere Trialeurodes. Il trasferimento genico orizzontale potrebbe dunque essere un’importante forza motrice per l’evoluzione adattativa degli eucarioti4.




Figure 2. L’immagine schematicazza l’acquisizione del gene BtPMaT1, che abilita B. tabaci a neutralizzare i glicosidi fenolici delle piante. BtPMaT1 è un gene della malonil transferasi dei glucosidi fenolici trasferito orizzontalmente dalle piante a B. tabaci. Gli esperimenti di silenziamento mostrano che la stessa arma può essere applicata per combattere il parassita. © Xia et al., 2021
Nuove piste per la ricerca scientifica nella protezione delle colture
Nel corso di milioni di anni, sia le piante che gli insetti hanno spesso preso in prestito geni microbici, per sviluppare strategie difensive o offensive contro questi stessi organismi. Alcuni insetti, come il curculionide Hypothenemus hampei, hanno sfruttato i geni microbici per estrarre più nutrimento dalle pareti cellulari delle piante difficili da digerire. Un parente selvatico del grano ha rubato un gene fungino per combattere le fusariosi, delle malattie provocate da alcune specie di funghi del genere Fusarium. Il transferimento genico orizzontale tra piante e insetti non era però noto prima d’ora e costituisce un nuovo indizio nella lotta selettiva ai patogeni. La ricerca di nuovi metodi e soluzioni per proteggere piante e colture da parassiti e altri organismi nocivi è senza dubbio oggi di grande rilevanza. Studi di questo tipo permettono di compiere grandi passi avanti: trovare una tecnica o sviluppare una nuova tecnologia per inibire il gene di cui si è parlato, potrebbe rendere B. tabaci vulnerabile alle tossine prodotte dalle piante stesse, fornendo in questo modo una potenziale soluzione per contrastare la grande adattabilità di questo insetto e per preservare la salute di intere colture.
Bibliografia
- Mierziak J, Kostyn K, Kulma A. Flavonoids as Important Molecules of Plant Interactions with the Environment. Molecules. 2014;19(10):16240-16265. doi:10.3390/molecules191016240
- Onkokesung N, Reichelt M, van Doorn A, Schuurink RC, van Loon JJA, Dicke M. Modulation of flavonoid metabolites in Arabidopsis thaliana through overexpression of the MYB75 transcription factor: role of kaempferol-3,7-dirhamnoside in resistance to the specialist insect herbivore Pieris brassicae. J Exp Bot. 2014;65(8):2203-2217. doi:10.1093/jxb/eru096
- Xia J, Guo Z, Yang Z, et al. Whitefly hijacks a plant detoxification gene that neutralizes plant toxins. Cell. 2021;0(0). doi:10.1016/j.cell.2021.02.014
- Husnik F, McCutcheon JP. Functional horizontal gene transfer from bacteria to eukaryotes. Nat Publ Gr. 2017;16. doi:10.1038/nrmicro.2017.137
Immagine in copertina
Pflanzenschutzamt Saarbrücken, Husken-Thimm, Bugwood.org