di Maria Chiara Rosace, Sara Legler1, Vittorio Rossi2 | 15 gennaio 2021

1 HORTA.srl., Via Egidio Gorra 55, 29122 Piacenza, Italy

2 Department of Sustainable Crop Production, Università Cattolica del Sacro Cuore, 29122 Piacenza, Italia

In numerosi scritti passati, l’Italia, in particolare alcune regioni del sud, veniva identificata come Enotria tellus, la terra del vino.

«Dagli Enotri cólta, prima Enotria nomossi: or, com’è fama, preso d’Italo il nome, Italia è detta.»

(Virgilio, Eneide III, 165)

Parlare del vino italiano significa intraprendere un viaggio fatto di storia, cultura, biodiversità e tradizioni che nessun altro paese al mondo può offrire. Su tutta la penisola, in ogni regione, è possibile scorgere splendidi vigneti e le nostre uve e il nostro vino sono senza dubbio tra i più conosciuti e apprezzati al mondo. Produrre vino di qualità non è affatto semplice. Gli agricoltori si trovano di fronte a sfide complesse, non solo causate dalle forti oscillazioni del mercato, dalla pandemia in corso che ha causato gravi perdite al settore eno-gastronomico, dai cambiamenti climatici o da suoli coltivabili sempre meno in salute (vedi articolo “Proteggere il suolo per preservare la sicurezza alimentare“), ma anche dallo sviluppo di malattie che compromettono la sanità delle viti e talvolta anche la produzione e la longevità del vigneto.

Ebbene sì, anche le piante si ammalano. Un’intera branca della scienza, la patologia vegetale o fitopatologia, si occupa proprio di studiare le malattie provocate alle piante da organismi nocivi, inclusi batteri, virus e funghi. Anche la vite pertanto può essere soggetta a varie malattie: peronospora della vite, oidio, muffa grigia, sono solo alcune delle più comuni e di maggiore interesse agronomico ed economico. Non meno importanti sono inoltre le Malattie del legno della vite, che rappresentano una problematica emergente e sempre più significativa per i vigneti italiani. Tra queste la più diffusa in molte zone viticole del mondo e in particolare in Europa, è il Mal dell’Esca della vite.

Non tutti i funghi sono buoni… o visibili

Il Mal dell’Esca della vite è una patologia, o meglio sindrome, causata da diversi funghi che agiscono sulla pianta contemporaneamente1,2. Questi funghi hanno poco a che vedere con quelli che siamo abituati a servire sulle nostre tavole: sono piccoli, microscopici, si diffondono tramite spore e colonizzano i vasi linfatici e il legno delle piante colpite, ostacolando il trasporto di acqua e sostanze nutritive dalle radici alle parti aeree delle viti. Non solo, alcuni di loro producono enzimi in grado di decomporre la lignina (componente fondamentale del legno che va incontro a imbrunimenti e disfacimenti, o carie) e altre sostanze tossiche che causano sintomi sulle foglie. In Italia, tra gli agenti più diffusi è possibile annoverare: Phaeomoniella chlamydospora, Phaeoacremoniom aleophilum e Fomitiporia mediterranea. La vera sindrome del Mal dell’Esca, in effetti, sembra essere determinata dalla successione tra una tracheomicosi, causata proprio da P. clamidospora e P. aleophylum e di una carie, causata da F. mediterranea. I primi due funghi producono dei metaboliti secondari che, traslocati alla chioma attraverso lo xilema (un tessuto adibito alla conduzione della linfa grezza) delle piante, sono responsabili della formazione di macchie internervali clorotiche e necrotiche sulle foglie, sintomatologia denominata tigratura (Figura 1) e spesso accompagnata dalla comparsa di macchie violacee sugli acini. F. mediterranea, invece, degrada il legno del fusto riducendolo ad una massa spugnosa e friabile nota con il nome di carie bianca. I tralci delle viti colpite dal Mal dell’Esca possono disseccarsi, le foglie risultano alterate e possono alla fine necrotizzare e cadere. Anche gli acini sui grappoli avvizziscono. In particolari condizioni di elevata temperatura e stress idrico, la malattia può verificarsi in forma acuta (apoplessia o colpo apoplettico). In questo caso la pianta dissecca completamente nel giro di pochi giorni.

Essendo causata da funghi, la malattia si diffonde tramite spore, che trasportate dal vento, dagli schizzi d’acqua o da insetti vettori, possono depositarsi sulle ferite aperte di una pianta (per esempio i tagli di potatura o le ferite causate da eventi atmosferici come la grandine)  diffondendo la malattia nel vigneto 3,4. I funghi possono rimanere latenti nelle piante anche per anni e i sintomi possono manifestarsi in vigneto in modo incostante da un anno all’altro: una pianta che presenta sintomi  nel corso di una stagione può apparire asintomatica negli anni successivi, per poi rimanifestare nuovamente i sintomi dell’infezione. Questo rende complicato il monitoraggio e la gestione della malattia nel vigneto.

Meglio prevenire che curare

Non esiste alcun prodotto realmente in grado di contrastare questa patologia e da ciò derivano le difficoltà nella gestione. Un tempo, veniva infatti utilizzato l’arsenito di sodio, ritirato poi dal mercato a causa della sua elevata tossicità sull’uomo e sull’ambiente. Oggi le piante malate non possono quindi essere risanate in alcun modo per via chimica e costituiscono esse stesse fonti di inoculo per la diffusione della malattia.

Come spiegato, le ferite causate alla pianta in fase di potatura sono i punti di ingresso principali utilizzati dai funghi. La corretta gestione del vigneto, soprattutto (ma non solo) durante le fasi di potatura, è uno strumento essenziale per diminuire l’incidenza del Mal dell’Esca. La malattia va pertanto affrontata in modo integrato tramite:

  • buone pratiche agricole,
  • interventi preventivi,
  • interventi di recupero delle piante infette.

Le buone pratiche agricole permettono una gestione più razionale del vigneto e contribuiscono a prevenire le infezioni a carico del legno da parte di funghi patogeni. A partire dal corretto impianto delle nuove viti, la scelta delle modalità e dei tempi di potatura, la disinfezione degli strumenti utilizzati durante la potatura sulle piante malate, la gestione dei sarmenti (ovvero il legno di potatura che se infetto deve essere distrutto), la corretta gestione del suolo e l’irrigazione: tutti questi fattori, e molti altri, contribuiscono alla realizzazione di una gestione efficace della malattia.

In Figura 2 viene mostrato più nel dettaglio come le pratiche colturali si inseriscano all’interno delle complesse reti di fattori che contribuiscono a spiegare il manifestarsi della malattia in vigneto.    

Figura 2: Il manifestarsi delle malattie del legno deriva dalle relazioni che si instaurano tra ambiente, patogeni e piante (gentile concessione di Horta S.r.l., pubblicato per la prima volta su Vigne, vini e Qual. 2020 e modificato da Claverie et al., 2020). La comparsa dei sintomi (parte sinistra della figura) è la conseguenza di una serie di processi (parte destra della figura) che portano alla penetrazione dei funghi all’interno della pianta, alla successiva colonizzazione del legno, all’occlusione dello xylema. I processi elencati ed indicati con il colore nero in figura, sono influenzati dalle condizioni ambientali (blu), da aspetti fisiologici e dalle capacità di reazione dell’ospite (verde), dalle condizioni edafiche (marrone) e dal microbioma del vigneto (ocra). Pratiche colturali e altri interventi agronomici specifici hanno inoltre un’influenza su questi elementi (grigio)6. Una rete complessa di interazioni che fa ben comprendere le difficoltà di gestione dei vigneti colpiti dalle malattie del legno.  

Per interventi preventivi si intende l’utilizzo di prodotti di protezione sulle ferite da potatura, come mastici o (bio)fungicidi. Negli ultimi anni ha preso piede, per esempio, l’utilizzo di funghi del genere Trichoderma per proteggere le ferite. Si tratta di funghi  che si comportano da antagonisti nei confronti dei patogeni causanti il Mal dell’Esca. In che modo? Prodotti a base di Trichoderma vengono applicati direttamente sulle ferite della pianta; qui i funghi si sviluppano, colonizzando e occupando fisicamente lo spazio nei tagli di potatura, così da impedire la crescita di altri organismi patogeni. La ricerca scientifica offre inoltre ulteriori speranze. Nel 2019 i ricercatori del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) hanno valutando l’impiego di virus in grado di infettare i funghi del Mal dell’Esca. Questi virus, denominati micovirus, potrebbero essere impiegati in futuro come agenti di controllo biologico per la protezione sostenibile delle piante7 in analogia con quanto fatto in passato per la gestione di altre malattie, come il cancro del castagno.

Esistono, infine, interventi di recupero delle piante infette. Il curetage, per esempio, ha portato a risultati positivi e significativi nella cura di piante malate. Si tratta di una pratica molto antica, citata anche nei testi bucolici latini, che prevede l’asportazione del legno malato al fine di salvare la vite e farla tornare produttiva. La parte del ceppo con legno cariato viene rimossa tramite l’utilizzo di strumenti come piccole motoseghe8. Risultati positivi si possono ottenere anche con la pratica della capitozzatura (anche nota come taglio di ritorno) che consiste nell’eliminare parte della pianta infetta fino a che non si trova la parte di legno sano. Potrebbe talvolta essere necessario tagliare la vite sotto la porzione di tronco infetto e procedere ad un re-innesto con una nuova pianta.

Prendersi cura del vigneto: conclusioni

Numerosi sono i fattori che concorrono a determinare l’infezione di piante sane. Alcuni di questi fattori, come quelli climatici, non possono essere controllati, altri invece, come concimazioni, irrigazioni, potature o altre forme di gestione, possono essere d’aiuto all’agricoltore per prevenire le infezioni. Seppur al momento non esista una soluzione definitiva ai problemi causati dal Mal dell’Esca, è necessario, come già menzionato, affrontare il problema in modo integrato, a partire dalla scelta delle barbatelle (ovvero le talee della vite) e per tutta la vita della pianta. Un attento monitoraggio e la messa in atto di adeguate strategie di prevenzione (e ove possibile curative/di recupero) attraverso tecniche agronomiche e colturali meno predisponenti la formazione di ferite, sembrano essere le uniche armi valide per limitare il diffondersi della malattia e gestirla in modo efficace.

L’augurio più grande è che la ricerca in ambito agricolo continui a dare risultati significativi, validando le soluzioni già esistenti o creandone di nuove, per assicurare la protezione dei vigneti e preservare questo inestimabile patrimonio agricolo italiano e mondiale.

Ringraziamenti

Un ringraziamento a Vittoria Bardelloni, tecnico filiera vite di Horta S.r.l., per il materiale fotografico fornito.

Bibliografia
  1. Mondello V, Songy A, Battiston E, et al. Grapevine trunk diseases: A review of fifteen years of trials for their control with chemicals and biocontrol agents. Plant Dis. 2018;102(7):1189-1217. doi:10.1094/PDIS-08-17-1181-FE
  2. Gramaje D, Urbez-Torres JR, Sosnowski MR. Managing grapevine trunk diseases with respect to etiology and epidemiology: Current strategies and future prospects. Plant Dis. 2018;102(1):12-39. doi:10.1094/PDIS-04-17-0512-FE
  3. Moyo P, Allsopp E, Roets F, Mostert L, Halleen F. Arthropods vector grapevine trunk disease pathogens. Phytopathology. 2014;104(10):1063-1069. doi:10.1094/PHYTO-11-13-0303-R
  4. Billones-baaijens BR, Ayres M, Savocchia S, Sosnowski M. Monitoring inoculum dispersal by grapevine trunk disease pathogens using spore traps. Wine Vitic J. 2017:46-50.
  5. Ouadi L, Bruez E, Bastien S, et al. Ecophysiological impacts of Esca, a devastating grapevine trunk disease, on Vitis vinifera L. Gerós H, ed. PLoS One. 2019;14(9):e0222586. doi:10.1371/journal.pone.0222586
  6. Rossi V. Mal dell’Esca : il ruolo del monitoraggio. Vigne, vini e Qual. 2020;7:50.
  7. Nerva L, Zanzotto A, Gardiman M, Gaiotti F, Chitarra W. Soil microbiome analysis in an ESCA diseased vineyard. Soil Biol Biochem. 2019;135:60-70. doi:10.1016/j.soilbio.2019.04.014
  8. Cinquemani T. Dendrochirurgia, che cos’è e quando conviene contro il Mal dell’Esca . AgroNotizie – Difesa e Diserbo. https://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2020/09/14/dendrochirurgia-che-cos-e-e-quando-conviene-contro-il-mal-dell-esca/67871. Published September 14, 2020. Accessed November 24, 2020.
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